La Storia Nascosta della Miniera di Monteponi:
Un Tesoro Sotterraneo Miniera di Monteponi
Miniera di Monteponi, se ci immergiamo nei meandri della storia sarda, una delle tappe più affascinanti e ricche di avvenimenti è senza dubbio la miniera di Monteponi.
Questo luogo, situato nei pressi di Iglesias, ha una storia intricata che risale ai lontani anni 1600, quando i primi coraggiosi cavatori iniziarono ad esplorare le ricchezze del sottosuolo.
Tuttavia, fu solo nel secolo successivo che l’attività estrattiva divenne sistematica e si consolidò come un pilastro dell’economia locale.
Nel 1725, venne eretta la prima fonderia della miniera, posizionata a nord di Iglesias lungo il corso del Rio Canonica.
Ma la miniera passò attraverso varie mani senza mai raggiungere il suo pieno potenziale. Gli investitori si susseguirono, ma l’attività veniva abbandonata prima che potesse raggiungere una produzione stabile.
Tutto cambiò nel 1840, grazie a una nuova legge emanata dallo Stato Sabaudo, che separava il diritto di proprietà del suolo da quello di sfruttamento delle risorse del sottosuolo.
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Miniera di Monteponi
Questa legge aprì la strada per una svolta significativa nell’attività mineraria. Nel 1850, un gruppo di imprenditori guidati da Paolo Antonio Nicolay ottenne una concessione trentennale per sfruttare le ricchezze di Iglesias.
La gestione della miniera passò successivamente all’Ingegnere Adolfo Pellegrini, con Carlo Baudi di Vesme come presidente. Sotto la loro guida, la miniera di Monteponi iniziò a fiorire.
Tuttavia, la vera svolta avvenne dopo il 1870, quando la linea ferroviaria, dedicata al presidente Vesme, entrò in servizio.
Questo segnò l’inizio di importanti sviluppi infrastrutturali per la miniera, tra cui le laverie semimeccaniche di Nicolay e Villamarina, unite al pozzo Vittorio Emanuele e alla palazzina Bellavista, costruiti negli anni ’60 del XIX secolo.
Ma c’era ancora un ostacolo da superare: la rimozione delle acque sotterranee.
L’Ingegnere Erminio Ferraris e l’avvocato Roberto Cattaneo affrontarono questo compito titanico e lo risolsero nel 1889 con la realizzazione della galleria Umberto I, lunga oltre quattromila metri.
Il periodo sotto la guida dell’Ingegnere Erminio Ferraris fu caratterizzato da un’escalation di innovazioni tecnologiche, dalla costruzione di una moderna fonderia all’apertura delle laverie Calamine (1887) e Mameli (1893).
La miniera di Monteponi prosperò anche durante la Prima Guerra Mondiale e, nel 1926, sotto la presidenza di Ferraris, inaugurò l’impianto di elettrolisi dello zinco.
Gli anni ’30 del Novecento segnarono una fase di declino per l’attività mineraria, culminando nella fusione della Monteponi e della Montevecchio nella Società Italiana del Piombo.
La Seconda Guerra Mondiale portò ad una brusca interruzione della produzione, che riprese solo dopo il conflitto, ma senza raggiungere i successi del passato.
Negli anni ’60, la gestione della miniera passò attraverso diverse mani, dalla statale EGAM alla Società di Ricerche Gestione e Ristrutturazione delle Miniere Sarde (Sogersa), fino all’acquisizione da parte di ENI e Samin nel 1982.
Nel 1987, passò alla Società Italiana Miniere.
Tuttavia, il declino dei prezzi internazionali del piombo e dello zinco, insieme all’impoverimento del minerale estratto, portarono alla chiusura definitiva dei cantieri nei primi anni ’90 del Novecento.
Oggi, ciò che rimane degli impianti estrattivi della miniera di Monteponi fa parte del patrimonio storico-culturale e tecnico-scientifico del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna.
Questo luogo, che una volta rappresentava un fiore all’occhiello dell’industria estrattiva nazionale, racconta una storia affascinante di ingegno, determinazione e cambiamento nel corso dei secoli.



















































